Ho trovato una lista interessante di cose che impediscono una vita dignitosa in Italia, cose che si dovrebbero imitare al più presto da altri paesi (la lista si riferisce all'Inghilterra), cose facili, a volte banali, ma che nel complesso hanno spinto e spingono molti italiani a lasciare la propria terra con l'amaro in bocca. Perché alla fine il tempo che abbiamo è limitato e non tutti sono disposti a fare i martiri. Qualcuno ci è costretto dagli eventi della vita, ma alcuni riescono cercarsi una vita migliore.
Ho amici che fanno un lavoro che non gli piace, magari il lavoro dei padri o un lavoro fortemente consigliato da questi, ma che non si sentono di abbandonare per paura (fondata ahimé) di non trovare altro. Perché il mercato del lavoro è fermo. Perché a 30 anni verrebbero trattati da bambini. Perché l'alternativa sarebbe uno stage gratis o un lavoro a tempo determinato sottopagato, nel quale il concetto di straordinario pagato non esiste ecc.
Sentirsi bloccati in lavori che non piacciono e dover anche ringraziare qualcuno per questo, perché c'è chi sta peggio. Lavori demotivanti, intelligenze sprecate e intontite, annoiate da un ambiente in cui chi tenta qualche slancio è un rompiscatole. Vite vissute in una prigione invisibile, dove il tempo libero deve traformarsi in sfogo e in stordimento a causa del senso di insoddisfazione...
E nel frattempo uno Stato che sospetta di te a prescindere, che ti fruga nelle tasche, che ti controlla, che ti costringe a sopportare continuamente abusi perché far valere i propri diritti costa troppo in termini di tempo e denaro. Uno sistema che non fornisce gli incentivi giusti. Uno Stato che rende tutto difficile e ostacola la tua vita onesta, fino a portarti all'esaurimento e farti commettere qualche piccola illegalità per sopravvivere.
Queste sono le conseguenze di un mercato del lavoro bloccato. Di una burocrazia impossibile. Di uno Stato che vede il cittadino con sospetto, anziché cercare di migliorargli la vita. E questo porta chiaramente il cittadino non fidarsi dello Stato, del Governo, né dei suoi concittadini. Un circolo vizioso che non può durare per sempre e che mi auguro si spezzi prima che la vita in Italia diventi davvero insostenibile...
Trovate la lista sul blog di Paolo Attivissimo a questa pagina.
La burocrazia si fa per posta o per telefono. Non si va mai negli uffici pubblici e non si perde tempo. In tutti questi anni di residenza in Inghilterra, non sono mai andato in Comune a chiedere documenti.
Non esistono bolli sulle domande di certificati e sui documenti per la burocrazia.
E' il fisco che calcola (gratis) le tasse dovute dal contribuente, che si limita a presentare la documentazione.
I moduli per la dichiarazione dei redditi ti arrivano automaticamente a casa; non c'è bisogno di andare a cercarli e comperarli.
I rimborsi delle tasse sono immediati; non passano cinque-sette anni come è capitato a me in Italia.
Il governo fa pubblicità invitando i cittadini a chiamarlo per controllare di non aver dimenticato qualche sussidio al quale hanno diritto senza saperlo.
In Italia mi è stato richiesto di firmare un "certificato antimafia" per lavorare per un cliente statale, per un contratto ridicolo, da ottocentomila lire. Sono andato in Municipio e ho "autocertificato" di non essere mafioso. Ho perso una mattina intera per questa pratica idiota (mi sono fatto rimborsare dal cliente il tempo perso). Quando lo racconto qui, non mi crede nessuno.
Non esistono il redditometro e altre idiozie simili.
Non ci sono cassonetti della spazzatura per strada.
La laurea non è indispensabile per fare carriera.
Non rimandate la decisione a "tempi migliori", e non dite "lo faccio dopo che ho fatto X", dove X è la laurea, la famiglia, i figli, eccetera. Più mettete radici, più sarà difficile schiodarvi quando lo schifo supererà la vostra soglia di sopportazione. Addirittura "schifo"? Lo so, è un'espressione forte. Ma vi assicuro che viene dal cuore, dopo tutto quello che ho passato: sono stato accusato di evasione fiscale, e ho dovuto pagare una multa, pur avendo sempre pagato fino all'ultima lira (ricorrere in tribunale mi sarebbe costato una follia); ho aspettato sette anni per un rimborso che in Inghilterra mi arriva entro due settimane; come contribuente, sono stato spremuto peggio di un limone. La riprova è che guadagno gli stessi soldi che guadagnavo in Italia, ma ora posso permettermi una famiglia e una casa (non chiedo di più, ma persino questo in Italia mi era precluso). Insomma, il mio astio è rivolto più verso chi amministra l'Italia che verso chi semplicemente ci abita.
Io aggiungo un mercato del lavoro molto più efficiente e flessibile.
I lavoratori non devono esitare a far valere i propri diritti o a licenziarsi se il lavoro non li soddisfa per paura di non trovare altri lavori.
Il lavoratore non deve sentirsi in debito col datore di lavoro che gli concede la grazia di assumerlo; è il datore di lavoro che deve ringraziare il lavoratore perché ha scelto di offrire a lui le sue competenze e buona parte della sua corta vita.
E' quindi è normale che nei colloqui si parli di soldi, di orario, di giorni di ferie ecc. A quanto pare in Italia un candidato che faccia domande di questo tipo è visto come uno scansafatiche.
Il datore di lavoro non deve essere messo in condizioni tali per cui un'assunzione equivale praticamente a un matrimonio, per cui prima di assumere meglio pensarci due, tre, mille volte, magari inventarsi lavori temporanei e stage di ogni tipo, perché non si sa mai chi ti metti in azienda e poi non puoi più cacciarlo.
Quando l'assunzione è facile, il licenziamento non è una tragedia. Mi sembra un miglioramento per tutti.
Il lavoro gratis, che non rientri nel volontariato, si chiama sfruttamento. Il lavoro, di qualsiasi tipo, deve essere remunerato. Stage et simila non pagati sono sfruttamento. In particolare i lavoratori dovrebbero essere messi in condizioni tali da poter rifiutare un lavoro non remunerato. Ogni singolo individuo avrà sempre un incentivo ad accettare un salario minore o rinunciare a parte dei suoi diritti per essere avvantaggiato rispetto ai concorrenti. Ma il risultato è che tutti lavorano al salario minimo e quindi stanno tutti peggio. E anche se fosse illegale offrire lavoro gratis o sottopagato, ancora ogni singolo candidato ha incentivo a offrirsi di lavorare per uno stipendio minore. Per questo le condizioni devono essere tali che deve anche essere difficile offrire il proprio lavoro gratuitamente. Il lavoro gratis innesca dei circoli viziosi difficili da sradicare, come far sentire il lavoratore un lavoratore di serie B, far sentire lo stagista in debito col datore di lavoro che gli da la possibilità di formarsi ecc.
Una cultura lavorativa di questo tipo blocca il mercato del lavoro. Il lavoratore è assoggettato e vive il posto di lavoro come un dono. Per paura di non trovarne altri è disposto a sopportare abusi e condizioni di vita sgradevoli. Il datore di lavoro assume solo coloro che dimostrano questo tipo di "dedizione" cosicché si innesca il circolo vizioso.
Andarsene prima del capo pare brutto, è una mancanza di rispetto. Bisogna restare a lavoro 12 ore. Magari facendo 35 pause caffé e sigaretta, ma fecendo vedere al capo che si rimane a disposizione. Poco importa che alla fine il lavoro svolto nella giornata sia lo stesso dell'ufficio inglese dove alle 17 stanno tutti a casa, con un po' di tempo per vivere...
Appendice
Brunetta: il lavoro è un fattore di produzione.
Corretto, ma incompleto. Il lavoro non è solo un fattore di produzione, il lavoro è la vita delle persone. E' una cosa che influisce sulla persona nella sua interezza, che ne plasma la mente e il modo di vivere, che modifica le preferenze, le scelte di consumo e le attività che si fanno nel tempo libero, che ha effetti sulle relazioni sociali, che crea gerarchie e che influisce su molti altri aspetti della vita.
L'analisi economica che tratta il lavoro come un bene normale (tecnicamente un male, il bene è il tempo libero) esterno e sostanzialmente neutrale rispetto all'agente economico rappresenta solo un modello stilizzato per aiutare il ragionamento su alcuni aspetti dell'economia del lavoro. Esistono altri modelli teorici più complessi e in ogni caso nessun modello economico può essere preso alla lettera rappresentando appunto un modello e non la realtà.
Brunetta: basta anche con la retorica del precariato quando ci sono 4 milioni di stranieri che vengono a fare i lavori che gli italiani non vogliono fare.
Forse un po' di retorica sul precariato esiste, ma non credo nasca dal nulla.
Gli stranieri fanno i lavori che gli italiani non vogliono fare perché per loro è un miglioramento di vita rispetto ai paesi di origine e normalemente emigrano proprio perché qualsiasi cosa in Italia per loro è un miglioramento. Non è un confronto concettualmente corretto. Tra l'altro è un bene sia per i lavoratori stranieri, che stanno meglio, che per i datori di lavoro italiani che pagano stipendi minori, sia per i consumatori che comprano ad un prezzo minore.
Gli italiani non sono disposti a fare quei lavori perché per loro è un peggioramento, spesso non solo economico ma sociale. In ogni caso dubito che con un salario alto e condizioni di lavoro buone anche questi lavori non troverebbero italiani disposti a farli. Ma anche questo è un bene perché se non ci fossero i lavoratori stranieri dovremmo produrre le stesse cose a un costo molto maggiore.
Il problema non è che i lavoratori, in particolare i giovani, sono fannulloni. E tantomeno che gli immigrati ruberebbero il lavoro agli italiani.
Il problema è che il mercato del lavoro è fermo e che le risorse liberate dal fatto che grazie agli immigrati possiamo produrre alcune cose ad un costo minore, stanno rimanendo inutilizzate anziché andare a produrre ancora più cose aumentanto la ricchezza del paese.
In altre parole, da un lato alcuni prodotti costano meno grazie agli immigrati (un bene per noi e un bene per gli immigrati che hanno un lavoro), i lavoratori italiani che grazie al fatto che ci sono gli immigrati possono non fare certi lavori, sono una risorsa per il paese. Rappresentano un serbatoio di capacità lavorativa che può essere utlizzato in altre produzioni. Alla fine avremmo gli stessi beni di prima ad un costo minore (grazie agli immigrati), più molti altri prodotti aggiuntivi (grazie ai lavoratori che sono stati resi disponibili).
Il ruolo del governo è esattamente quello di rendere il mercato del lavoro efficiente e dinamico in modo che le risorse siano utlizzate e che non ci siano sprechi. Dove nel caso del lavoro "spreco" significa anche persone con problemi, che non trovano lavoro, che non sanno come tirare avanti e che invece potrebbero far crescere il paese.
Quello che succede nel mercato del lavoro italiano è solo un fallimento del sistema e in particolare del Governo.
Brunetta: guardi signora domani mattina alle 5 ai mercati generali a scaricare cassette.
Questa è la dimostrazione del fatto che il governo non si rende neanche conto del suo fallimento.
Un ragazzo, probabilmente laureato, è libero di scegliere di andare a scaricare cassette al mercato. Il punto è che un ragazzo laureato che sceglie questo lavoro è un lavoratore allocato inefficientemente. Un lavoratore con delle competenze, magari acquisite anche a spese dello Stato, che per disperazione trova un lavoro nel quale quelle competenze non servono è uno spreco di risorse e dunque un fallimento del sistema. Esiste probabilmente un livello minimo fisiologico per questo tipo di spreco di risorse. Sta allo Stato e al Governo rendere i mercati sufficientemente efficienti da minimizzare queste inefficienze e fare in modo che il lavoro vada dove è più produttivo. Dubito che un ragazzo laureato sia più produttivo a scaricare cassette che a fare un lavoro per il quale ha studiato anni.
Se il figlio della signora fosse costretto a scaricare cassette (a un salario minore di quello che avrebbe altrove se trovasse lavoro) sprecherebbe il denaro che lo Stato ha invesito nella sua formazione oltre probabilmente a vivere la cosa come un fallimento personale. La scelta potrebbe magari rivelarsi vincente a livello personale, dato che il mercato del lavoro è ingessato, ma a livello di sistema resta uno spreco e una sconfitta.
Da dottoranda a capotreno e altre storie...
Quando leggo i casi di ragazzi che fuggono dal paese o di ragazzi brillanti che abbandonano lo studio dopo avervi investito anni non posso che provare un senso di malessere. E' un fallimento del sistema ed uno spreco di risorse assurdo.
Alcuni elogiano questi casi come prova del fatto che chi vuole trova la sua strada, cosa vera non c'è dubbio. Ma se le cose funzionassero, se il governo facesse il suo lavoro, uno la sua strada la troverebbe subito e non dopo averne percorso con successo un'altra per anni.
Grande stima per i ragazzi che hanno il coraggio di fare questa scelta, magari vincente a livello personale. Ma a livello di sistema queste sono storie di un fallimento colossale.
Una storia che mi è particolarmente vicina