"La scienza non è democratica" (Roberto Burioni, Medico, su Facebook) è una solenne cazzata.
O quantomeno è una frase che richiede delle precisazioni.
E' vero che non possiamo mettere sullo stesso piano tutte le affermazioni.
Questa è demagogia, è superstizione, è sfaldamento del tessuto sociale.
Ma ciò non ha a che fare con la scienza, ma con la ragione e con il buon senso.
La scienza è tale proprio perché se ne frega dell'autorevolezza e della reputazione di chi fa un'affermazione.
La scienza vuole le prove e le vuole secondo il metodo scientifico.
La scienza è la cosa più democratica che ci sia.
Chiunque può contribuire e affermare ciò che vuole, purché sia in grado di dimostrarlo. Un'affermazione vale solo se é supportata dai fatti.
Uno sconosciuto può confutare la teoria di un luminare, se può provare di avere ragione.
"Science is the belief in the ignorance of experts", diceva Richard Feymann, premio Nobel per la fisica.
La scienza si fa nelle università e nei laboratori, e sulle riviste le prove e i fatti sono sottoposti a verifica; e i nomi degli autori sono tenuti nascosti proprio per non farsi influenzare da fattori legati a autorevolzza e reputazione.
La scienza non si fa nei dibattiti o negli articoli in rete, su giornali, blog ecc.
In questi casi stiamo solo assistendo al confronto tra persone e nei casi migliori a un tentativo di divulgazione delle conoscenze scientifiche ritenute valide fino a quel momento.
E' indubbio che non può e non deve esserci dialogo tra un'argomentazione scientifica e una non scientifica, tra fatti e parole o opinioni. Non sono due cose che stanno sullo stesso piano. Ed è esattamente per questo che esistono canali differenti. Chi afferma che la terra è piatta in un blog, anche se mostra dati e fatti, sta esprimendo una sua opinione che non trova riscontro nella scienza: avere e diffondere un'opinione irragionevole è lecito, anche se rende un cattivo servizio alla società. Al contrario, chi afferma che la terra è piatta su una rivista scientifica, porta le prove e le sottopone allo scrutinio della comunità scientifica, sta facendo scienza (solo che finora nessuno ha portato prove convincenti e nessuno è stato in grado di confutare che la terra sia tonda).
Quando i canali si mescolano la situazione si fa complicata. E' vero che un articolo non-scientifico su un argomento scientifico da parte di un esperto dovrebbe avere un peso maggiore di un articolo di una persona non competente, ma d'altro canto, l'autorevolezza non è cosa dovuta, ma qualcosa che ci si guadagna. E oggi spesso non basta essere un esperto per ottenerla. La ragione di ciò è una questione complessa che tralascio.
Certo, quando l'opinione di un esperto viene messa sullo stesso livello dell'opinione dell'uomo della strada, cosa che, ahimè, avviene troppo spesso, non ci rendono un buon servizio, ci stanno prendendo tutti per fessi. E molti illusi ci cascano.
Quando poi l'esperto di turno, non potendone più, arriva a dire che "qui ha diritto di parola solo chi ha studiato, e non il cittadino comune. La scienza non è democratica", significa che il problema si è fatto grave.
Grave per almeno due motivi.
Primo, perché il fatto segnala uno scollamento pericoloso tra società civile e accademia o comunità scientifica. La società civile non sembra più riconoscere legittimità e autorevolezza agli esperti e alla scienza (e via ai vari complottismi, vaccini, evoluzione, terra piatta ecc.); l'accademia o la comunità scientifica non si ritiene più al servizio della società, ma si vede come una elite di uomini superiori che nega il dialogo e si arrocca. Inutile dire che questo scollamento nuoce a tutti.
Secondo, la risposta di chiusura di alcuni esperti che si sentono sotto attacco da parte di persone incompetenti (e non disposte riconoscere la propria incompetenza con umiltà) indica che gli stessi esperti stanno confondendo il momento in cui fanno scienza vera e propria e quello in cui esprimono opinioni, magari circostanziate, ma che non sono tecnicamente scienza, al più divulgazione.
Quando si fa scienza si presentano le prove e i fatti e si sottopone il proprio lavoro al giudizio di altri esperti (o di chiunque abbia le prove e i fatti per confutare). Per fare questo si pubblica su riviste specializzate e si presentano i propri lavori in seminari e conferenze specifiche. In questo caso, si sta contribuendo alla comunità scientifica e se i risultati sono supportati dai fatti si sta facendo scienza.
Il discorso cambia radicalmente se la stessa persona esprime opinioni, magari portando anche dei dati a supporto, ma lo fa in un ambito "non scientifico", ovvero su blog, social media, quotidiani ecc. La sua opinione sarà senza dubbio autorevole, poichè proviene da un esperto (e in quanto tale dovrebbe essere riconosciuto, il fatto che non sempre questo avvenga è un problema diverso). L'articolo o il post potrà essere ottimo e convincente, ma il canale che si è scelto non è quello sul quale si fa scienza. Su questi ci si confronta con il pubblico e questo è abbastanza ovvio da essere chiaro anche a chi non è esperto di social media. In questo caso non si può presumere che gli interlocutori siano gli stessi delle riviste specializzate o che si comportino come questi. L'esperto non può pretendere che la sua autorevolezza gli permetta di muoversi in ambiti non scientifici, rimanendo però al di sopra dei suoi interlocutori. O è in preda a un delirio di onnipotenza o ha sbagliato canale.
La scienza è la cosa più democratica che ci sia.
E' democratica quando si fa scienza sui canali specializzati, basta avere le prove; ma è ancora più democratica quando un esperto si rivolge al pubblico pensando di avere uno status superiore in quanto "scienziato" e invece viene contestato, anche da incompetenti; la qual cosa dovrebbe ricordargli che si è "scienziati" solo quando si fa scienza, e non sui social media.
Nella scienza non ci sono status e sui social media non ci sono scienziati; ma ci sarebbe un gran bisogno di scienziati umili e bravi divulgatori che possano ridare alla società fiducia nella ragione e nella scienza.
(Nota: per quel poco che letto, concordo con molte delle cose affermate da
Roberto Burioni, anche perché riguardano evidenze abbastanza consolidate
in ambito scientifico. Non ho assolutamente nulla contro la persona,
della quale non avevo mai sentito parlare fino al "caso Facebook"; anzi ha tutta la mia stima per lo sforzo divulgativo che fa, un po' meno per l'atteggiamento, ma questi sono gusti.
In questo post prendo solo in prestito la sua frase per affrontare l'argomento)
[COMMENTO]
Occorre fare un precisazione. Gran parte del post si riferisce al fatto che nella scienza non vale il "principio di autorità", l'ipse dixit. Questo è qualcosa di democratico, ma sento di dover precisare in che senso, perché ho notato che non è chiaro a tutti.
La democrazia si colloca all'opposto rispetto a agli eccessi di aristocrazia, oligarchia, monarchia e dittatura proprio per l'uguaglianza riconosciuta ai cittadini, senza che alcuni di essi abbiano una qualche autorità superiore agli altri. Una delle definizioni della Treccani riporta "Per estens., di persona alla mano, che tratta e conversa volentieri con i
dipendenti e con persone di condizione sociale più umile, non soltanto
per carattere e disposizione d’animo ma anche perché ne rispetta il lavoro e ne riconosce i diritti (cfr. il suo contrario aristocratico)". Nella scienza ciò è esattamente quello che deve avvenire: il dialogo tra chi sostiene prove diverse e lo scontro tra "teorie" nel rispetto del lavoro di chi c'è dietro, l'unica cosa che conta sono i fatti. Nella scienza, come nella democrazia, esistono delle regole affinché questo dialogo o scontro avvenga in maniera controllata. Per la democrazia si usa il voto, nella scienza si usano la ricerca e i fatti. Nella democrazia non c'è spazio per individui superiori che possano dire agli altri cosa pensare e come votare; nella scienza è la stessa cosa, nel senso che non c'è spazio per chi pretende di essere al di sopra degli altri, non rispettarne la ragione, e affermare qualcosa senza portare le prove. Come in democrazia il voto di ogni cittadino vale uno indipendentemente da ricchezza e classe sociale, così nella scienza chiunque deve dimostrare ciò che afferma indipendentemente dalla sua posizione nella comunità scientifica.
Questa precisazione chiarisce in che senso la scienza sia democratica. Qualcuno per democrazia intende il processo decisionale a maggioranza dei voti. Qui si confonde il significato di democrazia con il processo decisionale adottato. Per chiarire, sulla Treccani alla voce democrazia, la parola "maggioranza" non compare proprio e non compare nemmeno la parola "voto"; compaiono invece le parole "uguaglianza", "libertà" e "partecipazione". Il fatto che molte democrazie abbiano storicamente adottato il voto a maggioranza e le rappresentanze elettive è una questione che riguarda il processo decisionale e la messa in atto della volontà popolare, non la democrazia in sè. Allora dire che "la scienza non è democratica" avendo in mente il fatto che le verità scientifiche non sono espressione di un voto a maggioranza ha un senso, ma l'espressione è comunque scorretta. In realtà per la democrazia come per la scienza è importante l'uguaglianza dei diritti, ma nell'attuazione di entrambe sono previste regole volte ad evitare aberrazioni e derive populiste. Il fuzionamento delle democrazie si esplica quasi sempre nell'elezione di rappresentanti delegati a prendere decisioni, queste persone non sono superiori alle altre, ma sono da queste elette e al giudizio di queste sono sempre sottoposte. Similmente, il funzionamento della ricerca scientifica si esplica nella selezione per meriti accademici di ricercatori e scienziati implicitamente delegati dalla società a far progredire il sapere scientifico, ma è proprio perché queste persone non sono superiori alle altre - magari possono essere più istruite o più competenti (e dovrebbero ringraziare la società che glielo ha permesso) - che devono provare con i fatti le loro affermazioni, non basta mai aver acquisito lo status di scienziato o accademico. E' poi chiaro, ma come dico sopra è più una questione pratica di buon senso, che la verifica dei fatti e le prove saranno sottoposte ad altri scienziati competenti e non a chiunque; ma ciò non vuol dire che il processo non sia democratico, in quanto garantisce "uguaglianza", chiunque deve portare le prove, "libertà", non si deve sottostare alle affermazioni di chicchessia, "partecipazione", chiunque può partecipare alla comunità scientifica, sottomettere i propri risultati alle riviste e chiunque ha (dovrebbe) avere accesso agli strumenti per sviluppare le conoscenze necessarie.