Quest'estate mi sono imbattuto per caso in una bancarella di libri usati. Senza volerlo mi sono trovato per le mani un libricino: una lettera di Galileo Galilei, uomo di scienza che dovette combattere contro la superstizione e l'oscurantismo nel 1600. Mi è sembrato attualissimo. Provate a leggere:
[...] "dato che il numero degli analfabeti funzionali e dei webeti è di gran lunga superiore a quello degli intelligenti e dei capaci, i primi, navigando in rete a caso e senza verificare le fonti, credono di essersi informati e di avere la competenza per esprimere opinioni su ogni argomento, basandosi sulla loro interpretazione distorta di alcune frasi decontestualizzate che hanno letto in rete e senza che abbiano compreso il senso di quelle poche fonti attendibili che gli sarà pur capitato di avere sotto gli occhi, e lo scarso numero dei competenti e degli esperti non avrà speranze di arginare il fenomeno del complottismo e delle notizie false, essendo invetabile che questi contenuti ottengano molti più "mi piace" e siano maggiormente condivisi dalle masse, poiché è molto più facile spacciarsi per esperti controcorrente o sentirsi tali sulla base di allarmismi, slogan, paure e false analogie pseudoscientifiche piuttosto che aprire i libri, partire dalle basi e mettersi a studiare materie complesse per anni e anni."
[...]
Galileo Galilei, Lettera ai Terrapiattisti, 1615.
Va bene, era chiaramente un paradosso. Eppure leggendo quello che davvero scrisse Galileo non si può non pensare che l'adattamento che ho fatto sopra non si discosti troppo dal suo pensiero o dal pensiero di molti, se non tutti, gli scienziati attuali. Ecco il brano originale:
[...] "perché, essendo il numero degli uomini poco atti ad intendere perfettamente e le Scitture Sacre e l'altre scienze maggiore assai del numero degli'inelligenti, quelli, scorrendo superficialmente le Scritture, si arrogherebbero autorità di poter decretare sopra tutte le questioni della natura, in vigore di qualche parola mal intesa da loro ed in altro propostio prodotta dagli scrittori sacri, né potrebbe il piccol numero degl'intendenti reprimer il furioso torrente di quelli, i quali troverebbero tanti più seguaci, quanto il potersi far reputare sapienti senza studio e senza fatica è più soave che il consumarsi senza riposo intorno alle discipline laboriosissime."
Il testo continua, richiamo solo altri due brani che mi sono sembrati particolarmente attuali:
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"Il comandar poi a gli stessi professori d'astronomia, che procurino per lor medesimi di cautelarsi contro alle proprie osservazioni e dimostrazioni, come quelle che non possino esser altro che fallacie e sofismi, è un comandargli cosa più che impossibile a farsi, perché non solamente se gli comanda che non vegghino quel che e' veggono e che non intendino quel che gl'intendono, ma che, cercando, trovino il contrario di quel che gli vien per le mani."
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"Io vorrei pregar questi prudentissimi Padri, che volessero con ogni diligenza considerare la differenza che è tra le dottrine opinabili e le dimostrative, acciò, rappresentandosi bene avanti la mente con qual forza stringhino le necessarie illazioni, si accertassero maggiormente come non è in podesta de' professori delle scienze dimostrative il mutar l'opinioni a voglia loro, e applicandosi ora a questa ed ora a quella, e che gran differenza è tra il comandare a un matematico, o a un filosofo e 'l disporre un mercante o un legista, e che con l'istessa facilità si possono mutare le conclusioni dimostrate circa le cose della natura e del Cielo, che le opinioni circa quello che sia lecito o no in un contratto, in un censo, o in un cambio."
[...]
Galileo Galilei, Lettera a Cristina di Lorena, 1615.